Mentre agenzie di aiuti umanitari di tutto il mondo lottano per alimentare milioni di persone nella zona africana di Sahel, alcuni agricoltori della regione semiarida registrano straordinari raccolti di cipolle, patate e pomodori.
La ragione? Sistemi di irrigazione a goccia, formati da ale gocciolanti, sono realizzati con taniche d’acqua e file di tubi, un’innovazione israeliana che in accordo ad alcuni pronostici potrebbe permettere la fine del ricorso agli aiuti umanitari nella zona.
“Con altri sistema precedentemente utilizzati non potevamo fare più di un raccolto all’anno. Con questa innovazione, potremmo averne fino a tre, il che triplicherebbe le nostre entrate” disse Yamar Diop, 73 anni e 10 figli.
Durante una visita alla regione, il direttore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite chiese decine di milioni di dollari necessari per mantenere i suoi abitanti e più azioni per evitare le cause delle ricorrenti crisi alimentari. Agricoltori come Diop dicono che lo stanno facendo. Lui è uno tra i circa 2500 produttori di Sahel che negli ultimi anni hanno partecipato all’African Market Garden, un’iniziativa israeliana che usa l’irrigazione a bassa pressione a goccia per mettere fine alla dipendenza dalle piogge ed aumentare le coltivazioni, la nutrizione e le entrate.
I raccolti di Diop nel 2012 gli apportarono 800.000 franchi CFA (1321€), mentre l’ONU spese 190 milioni di dollari nello stesso periodo di tempo per affrontare la crisi alimentare.
Studi statistici messi in pratica in questa regione hanno segnalato che il sistema African Market Garden fa che le entrate per terra, acqua e mano d’opera si moltiplichino per 2, 4 e 6, rispettivamente, quando vengono comparate con i tradizionali sistemi di produzione di vegetali nel continente. Questo permetterà che nazioni come il Niger cambino il loro status di regioni a carestia perenne per produrre alimenti in un mercato regionale di circa 250 milioni di persone.
Anche se può non sembrare c’è disponibilità di acqua nella zona. La fonte più ovvia sono i milioni di litri che scorrono quotidianamente nel fiume Níger, ma attraverso tecnologia ed investimenti si potrebbero sfruttare anche fonti sotterranee che potrebbero offrire migliaia di milioni di litri d’acqua. Per questo la soluzione sarebbe aiutare gli agricoltori ad investire in irrigazione e concentrarsi in prodotti coltivabili ad alto rendimento, allo scopo che si utilizzi altro denaro per comprare alimenti più economici e facili da coltivare rispetto ad altre zone. L’Africa non può permettersi di dipendere dalla pioggia in quanto ogni 2 anni su 5 sono anni di siccità.
Menzionando successi a livello locale nella trasformazione di deserti in granai, Israele dice che potrebbe aiutare a modernizzare l’agricoltura del Sahel e che sta finanziando una serie di progetti simili nella regione.
In alcune zone della regione gli agricoltori pagarono un anticipo di 15.000 franchi CFA per autofinanziare il progetto, all’incirca il 10% del costo totale della strumentazione. Inoltre pagano 60.000 CFA per acqua e fertilizzante ad ogni racconto. Alcuni ritardarono con i pagamenti e vennero espulsi dal programma. Altri ebbero problemi con la routine per mantenere l’acqua scorrendo lungo i canali d’irrigazione. In un progetto di tale portata ed importanza è necessaria la costanza ed un netto cambio di mentalità.
Nonostante ciò, i direttori del progetto si sono mostrati ottimisti e agricoltori come Diop, hanno già potuto comprare nuove terre e reinvestire nell’acquisto di nuovi strumenti d’irrigazione per lavorare più superfici coltivabili.
Questa è la mentalità necessaria al cambio, un’attitudine all’investimento con sguardo al futuro, ancora molto difficile da implementare in un’Africa abituata a soffrire la fame, ma che con pazienza e coraggio può divenire realtà.